Che torni il pubblico, purché ragioni
Troppa calca all’arrivo del Tour de France, ma lo sport e gli spettacoli debbono comunque riaprire agli spettatori: tanto ormai abbiamo capito che il buon senso è il solo antidoto al virus, chi ne è sprovvisto fa danni ovunque
Basterebbe guardare con attenzione la foto che ritrae l’arrivo della terza tappa del Tour de France, a Sisteron, senza spendersi in altri commenti: tanto le foto dei prossimi giorni ci confermeranno identica o ancora aumentata la realtà dei fatti.
La realtà è che oltre le transenne ci sono innumerevoli persone accalcate una sopra l’altra per godersi lo sprint. Come se niente fosse mai accaduto. Covid, distanziamento sociale, ne avranno sentito parlare?
Eppure in Francia l’epidemia galoppa più che da noi: i numeri dei contagi sono analoghi a quelli di marzo, quando una maldestra ministra pontificava sull’eventualità del “Tour de France a porte chiuse”. Nessuno, da allora ad oggi, ci ha spiegato con esattezza come si possa sigillare una via, una piazza, un marciapiede, impedendo alle persone di uscire dal proprio portone: infatti non era e non è possibile, come ai più dotati di buon senso era apparso evidente da subito.
Nel nome del bene comune e di una prudenza comunque imprescindibile, abbiamo trascorso mesi tra drastici divieti e innumerevoli dibattiti, disposizioni, protocolli che troppo spesso hanno ignorato il principio primo: enunciare provvedimenti giusti è utile se è poi materialmente possibile metterli in pratica. Altrimenti, diventa pura accademia.
Molti pensano che gli sport praticati in spazi aperti, dunque sulla strada, non avrebbero dovuto riprendere. Invece il ciclismo è ripartito e, pur tra molte difficoltà, non sta facendo e non farà più danni degli assatanati del “Billionaire”: non fosse altro, almeno, chi pedala fa fatica per guadagnare tempo. Sempre meglio di chi non sa come perderlo, il tempo.
Chiaramente, se va avanti il ciclismo è logico che lo stesso accada per gli altri sport. Che il pubblico possa tornare ad assistere agli eventi, specie laddove se ne riesca a controllare il numero e i comportamenti. Negli stadi e nei palazzetti, questo è sicuramente possibile.
Come hanno ripetutamente affermato molti virologi, spesso non ascoltati, non si tratta di aspettare che il virus scompaia ma di imparare a conviverci: è assai meglio e più saggio che passare da un eccesso all’altro, prima serrati dentro casa e poi irresponsabili attori della movida di turno.
Non funziona così, e non si tratta del solito ritornello, “the show must go on”. E’ la nostra vita che deve andare avanti, con buonsenso e cautela, ma facendo in modo che sia più normale possibile evitando di portare alla crisi irreversibile interi settori produttivi senza un motivo. Anche i concerti, i cinema, i teatri debbono tornare a vivere, sebbene per un pubblico più limitato. Attendere oltre sarebbe colpevole quanto inutile.
E’ ben chiaro che fin quando avremo una mascherina stampata sulla faccia nulla sarà mai come prima. Ma privare le persone delle passioni non aiuta a farle sentire meglio: tanto, è scontato, a fare la differenza è l’educazione e il senso civico di ognuno. Chi ne è sprovvisto, ahinoi, genera danni sempre e comunque, meglio farsene una ragione.