Salary Cap nel mondo del World Tour

Costi elevati e gare dall'esito talora prevedibile: il ciclismo si interroga sulla possibilità di rendersi più appetibile dinanzi a investitori e pubblico. Si fa strada l’introduzione di un meccanismo di limite di spesa nel World Tour, sulla falsariga di altri sport

La fase acuta dell’emergenza potrà essersi conclusa, ma gli effetti della pandemia di COVID-19 nel nostro mondo si vedranno nel presente e soprattutto nel futuro prossimo. E anche il mondo dello sport non sarà esente da importanti evoluzioni.

In particolare, in Vitesse siamo attivi da quasi 30 anni nel mondo del ciclismo in veste di Ufficio Stampa, PR e Media Relations, organizzatori di eventi e digital strategist. Questa conoscenza profonda del settore di riferimento ci ha spinto a delle riflessioni su come il settore delle due ruote stia cambiando – visto dalle varie angolazioni – e abbiamo individuato 10 trend importanti che potrebbero consolidarsi nei prossimi mesi ed anni.

Eccoci ora arrivati al decimo, e ultimo, episodio: 

Salary Cap nel mondo del World Tour

Questa è forse la più ardita delle previsioni in questa raccolta, ma ricordiamo come la stessa UCI avesse ipotizzato una soluzione di questa fatta in vista della riforma in programma per il 2020, e poi risoltasi (almeno per ora) in un nulla di fatto. L’anno scorso, la stessa UCI comunicò i risultati di un sondaggio al pubblico, nel quale il 50% degli intervistati dichiarava di considerare prevedibile l’esito delle corse ciclistiche, e il 39% considerava il forte gap fra i budget delle varie squadre un elemento di disinteresse nei confronti dello sport.

Come in molti casi già trattati nei precedenti episodi, la situazione presente promette di agire da acceleratore. La situazione delle sponsorizzazioni rischia di mettere in croce un modello già in crisi: come può un imprenditore mettere 8-10 milioni sul piatto per una squadra ciclistica mentre licenzia centinaia o migliaia di persone? La situazione legata a CCC è già di dominio pubblico, ma già si sussurra di altre grandi realtà legate al ciclismo di prima fascia in fase di riflessione (McLaren, Education First, Mitchelton… e potremmo continuare).

Il World Tour è un giochino troppo costoso per il valore che porta (ricordiamo che, diversamente da altri sport, le squadre non percepiscono introiti da diritti televisivi), e in un calendario che potrebbe vedersi snellito (forse, provvidenzialmente) i roster di 30 corridori potrebbero risultare ancora più sovradimensionati che in passato. Soprattutto, verrà messa a dura prova la motivazione di molti brand nel continuare a giocare in un mondo nel quale la stessa squadra (quella con più budget) ha vinto la corsa più importante al mondo 7 volte negli ultimi 10 anni, e 5 negli ultimi 5.

Intendiamoci: la squadra in questione ha avuto in questi anni un ruolo fondamentale nella professionalizzazione e nella crescita tecnologica del ciclismo, e in generale l’esistenza di realtà che investono con forza nel nostro mondo non potrà mai rappresentare una cattiva notizia o un aspetto da disincentivare. Tuttavia, mettendoci nei panni degli “altri”, in una fase di difficoltà anche l’imprenditore più appassionato non avrebbe gioco facile a giustificare un investimento comunque pesante per recitare, più spesso che non, un ruolo da comparsa.

Con il sistema ed i requisiti attuali, la metà delle formazioni World Tour maschili (senza entrare nel femminile) potrebbero avere seri problemi a confermare la licenza. Con un numero ancora più ridotto di formazioni con possibilità ampiamente superiori al resto dei team, l’attrattività e la credibilità del nostro sport subirebbero un ulteriore, forse irreparabile, danno. Questo deprezzerebbe il valore dei marchi, dei diritti televisivi, delle sponsorizzazioni: le regole debbono cambiare perché un sistema di questo tipo non avrà vita lunga viceversa.

La Formula 1, davanti all’incubo di avere 14 macchine in griglia (non molte meno di adesso, per la verità), ha rotto gli indugi e ha previsto un meccanismo di limite di spesa a scalare dal 2021. Ci arriverà anche il ciclismo?

Nel blog precedente abbiamo parlato di: 

Un Mondiale di virtual cycling sotto l’egida UCI

(Clicca sull'immagine per leggere di più)

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