Urban cycling come categoria merceologica
Il COVID-19 sarà la scintilla che finalmente darà concretezza alla categoria Urban, anche da un punto di vista del prodotto. Il nuovo scenario della mobilità darà spazio ad una categoria di persone che non sono mai andate in bicicletta e che adesso cominceranno ad andarci con regolarità.
La fase acuta dell’emergenza potrà essersi conclusa, ma gli effetti della pandemia di COVID-19 nel nostro mondo si vedranno nel presente e soprattutto nel futuro prossimo. E anche il mondo dello sport non sarà esente da importanti evoluzioni.
In particolare, in Vitesse siamo attivi da quasi 30 anni nel mondo del ciclismo in veste di Ufficio Stampa, PR e Media Relations, organizzatori di eventi e digital strategist. Questa conoscenza profonda del settore di riferimento ci ha spinto a delle riflessioni su come il settore delle due ruote stia cambiando – visto dalle varie angolazioni – e abbiamo individuato 10 trend importanti che potrebbero consolidarsi nei prossimi mesi ed anni.
Eccoci ora arrivati alla quinto episodio:
Urban cycling come categoria merceologica
Il COVID-19 sarà la scintilla che finalmente darà concretezza alla categoria Urban, anche da un punto di vista del prodotto. Non tanto della bicicletta, per la quale il concetto di Urban si associa a caratteristiche abbastanza delineate, per quanto destinate ad evolvere, quanto per abbigliamento e accessori. Questo perché il nuovo scenario della mobilità imporrà il bike commuter sulla scena, e soprattutto darà spazio ad una categoria di persone che non sono mai andate in bicicletta e che adesso cominceranno ad andarci con regolarità, soprattutto per effetto delle bici a pedalata assistita. In questo senso, il fatto che un marchio come Nike sia tornato a far capolino nel ciclismo, seppur per ora con una scarpa da indoor cycling (di cui parliamo anche sotto), dovrebbe suggerire degli sviluppi interessanti.
Sì, perché il nuovo ciclista non sa ancora che se pedali 15 km da casa al lavoro, poi il didietro ti fa male. Lo imparerà il secondo giorno, ma nel contempo non sarà pronto all’idea di doversi vestire con tessuti stretch e riscoprire l’emozione di portare il pannolino al primo impatto con il fondello. La realtà è che il nuovo ciclista dovrà confrontarsi con un mercato e dei prodotti pensati per utenti diversi da lui, il che è ancora più vero in un contesto come quello italiano, tradizionalmente attento allo stile ed al fashion.
Qui può crearsi una grande opportunità per chi prima e meglio di altri saprà inserirsi in questa nuova nicchia, offrendo ai nuovi ciclisti esattamente quello che serve a loro: capi tecnici quanto basta, facilmente identificabili, espressamente diretti alle esigenze dei nuovi bike commuter, e magari con un look urbano quanto basta. La vera domanda è chi sarà per primo ad impossessarsi della nicchia: i marchi del ciclismo o quelli del tempo libero – a cominciare proprio dalla Nike di cui sopra?
Inoltre, ci domandiamo: sarà la crescita dell’urban cycling a convincere il legislatore dell’opportunità di rendere obbligatorio l’uso del casco in bicicletta?