Perché gli inglesi ci stanno insegnando a pedalare. Da Wiggins a Tao, l’exploit fra passato e presente

Prima fenomeni su pista, da qualche anno dominatori anche su strada. La Gran Bretagna ha rivoluzionato il ciclismo moderno investendo in studi, tecnologia e miglioramento. Le tappe di una poderosa escalation: da Boardman e Wiggins all’ultimo vincitore del Giro Tao Geoghegan Hart, passando per Cavendish, Froome e Thomas

Domenica 25 ottobre, Tao Geoghegan Hart ha vinto a sorpresa un Giro d’Italia marchiato a fuoco dall’emergenza COVID-19. L’ennesimo trionfo dello squadrone Team INEOS (già Team Sky) e di un movimento, quello britannico, giunto da qualche anno ai vertici del ciclismo, pur senza aver rappresentato uno dei motori “storici” di questo sport.

Tuttavia, non si può considerare la Gran Bretagna come un territorio inesplorato per il grande ciclismo. Chi segue questo sport conosce la brutalità del Mont Ventoux e la fine drammatica di Tommy Simpson, che prima di perdere la vita sulle strade della Provenza portò la bandiera inglese sul gradino più alto del podio alla Milano-Sanremo, al Giro delle Fiandre e al Campionato del Mondo.

GLI ANNI ‘90: NASCE IL PROGETTO ‘PISTA’

Dopo Simpson, non sono arrivati più campioni, fino agli anni ’90. Certo, qualche buon corridore come Robert Millar è giunto a un passo da conquistare il Giro e la Vuelta, ma il deciso cambio di passo del ciclismo di Sua Maestà è arrivato alla fine anni ’90 con il grande cronoman e fenomeno della pista Chris Boardman e col programma di Peter Keen, ai tempi tecnico dei pistard britannici.   

Investimenti, programmazione, lavoro sui guadagni marginali e un fondo governativo, UK Sport, finanziato in gran parte dalla lotteria nazionale: questi i pilastri della rinascita del ciclismo britannico nel nuovo millennio. Il meccanismo di funzionamento del fondo è abbastanza semplice: se vinci guadagni, se non ottieni risultati resti al verde.

Ed è così che la Federazione Britannica di ciclismo ha deciso di puntare, inizialmente, solo ed esclusivamente sull’attività su pista. Dopotutto, l’inizio degli anni 2000 non era neppure il periodo ideale per investire nel ciclismo su strada, travolto da continue inchieste doping. Al contrario, il settore pista dava maggiori garanzie di poter raggiungere un livello di eccellenza entro poche stagioni e assegnava un quantitativo maggiore di medaglie Olimpiche.

I PRIMI 2000: IL TOUR A LONDRA E LA NUOVA ERA SKY CON WIGGINS E BRAILSFORD

Olimpiade dopo Olimpiade, Mondiale dopo Mondiale, la Gran Bretagna è diventata la nazione egemone dei velodromi, grazie a fenomeni del calibro di Chris Hoy e Bradley Wiggins. Ma dopo il 2005, il dominio su pista ha iniziato a stare stretto ai vertici federali. Dopotutto, Bradley Wiggins aveva le stimmate del potenziale fuoriclasse anche su strada e con David Brailsford, stradista convinto e nuovo riferimento in Federazione, è scattata la nuova era del pedale britannico. Un’epoca d’oro che nell’ultimo ventennio ha regalato alla Federazione la bellezza di 46 medaglie Olimpiche (da Sidney 2000 in poi), con 25 ori, 61 titoli Mondiali su pista e 12 su strada.

7 Luglio 2007, una data da cerchiare il rosso nella storia del ciclismo in Gran Bretagna. Londra è un fiume giallo in attesa della grande partenza del Tour de France, con decine di migliaia di persone assiepate sulle strade. Un trionfo di passione, immediatamente cavalcato da Brailsford, deciso a portare anche su strada il programma scientifico ed evoluto applicato ai campioni della pista, oltre al rigido sistema di reclutamento dell’academy federale.

Due anni più tardi, nel 2009, l’ultimo tassello mancante: la nascita di una nuova squadra ciclistica britannica. È Sky a scendere in pista con un budget di primissimo livello: a capo del nuovo Sky Pro Cycling Team un General Manager d’eccezione, David Brailsford.

Niente soldi pubblici stavolta, ma non cambiano gli obiettivi: investire in studi e strutture per migliorare le performance individuali e di squadra. Quando Brailsford ha presentato la sua idea di squadra, non è andato alla ricerca di campioni o corridori ‘fatti e finiti’, ma di professionisti da affiancare ai corridori.

La performance del corpo umano è sempre migliorabile e per eccellere è necessario aggregare i cosiddetti ‘guadagni marginali’, crescendo in ogni aspetto della prestazione. Per questa ragione, il Team Sky ha reclutato il meglio su scala mondiale fra ingegneri biomeccanici, preparatori, massaggiatori, nutrizionisti, dentisti o meccanici.

Questo cambio di passo ha rivoluzionato anche la gestione del budget, rispetto ai canoni del circuito World Tour dell’epoca. Il Team Sky ha abbandonato immediatamente la logica del 90/10 (il 90% del budget impiegato per ingaggiare i corridori e il 10% riservato allo staff tecnico) per sposare una logica 70/20/10 (70% atleti, 20% staff, 10% ricerca), introducendo figure come Tim Kerrison, responsabile della performance con approccio matematico ed esperienza coi ‘big data, Fran Millar, ‘responsabile dei comportamenti vincenti’ e professionisti nel campo della nutrizione. Oppure servizi come il ‘truck cucina’ o strutture innovative come il celebre motorhome di Richie Porte, usato al Giro d’Italia 2015.

In particolare, il lavoro di Kerrison è improntato sull’analisi matematico-scientifica del singolo atleta. Parametri come frequenza cardiaca, soglia aerobica e anaerobica, consumo di ossigeno, potenza, possono dare un’idea molto chiara sulle potenzialità del corridore e pertanto sul lavoro da portare avanti per generare miglioramenti individuali.

Ma l’individuo non è tutto nel ciclismo. In qualsiasi meccanismo di squadra è necessario generare la cosiddetta ‘cultura vincente’. A questo proposito, Fran Miller ha coinvolto l’intera macchina Sky, dai capitani agli autisti dell’autobus, facendo capire come alcuni comportamenti, anche delle persone meno coinvolte all’interno delle competizioni, possono influenzare positivamente o negativamente la performance di squadra. Dopotutto, vivere e lavorare in un ambiente sereno è il segreto di qualsiasi organizzazione.

GLI ANNI ’10: CON FROOME NELLA STORIA

Se da una parte Bradley Wiggins, nel 2012, ha inaugurato il dominio del Team Sky al Tour de France, qualche anno prima Mark Cavendish era già balzato alle cronache ritagliandosi un posto di primo piano fra le ruote veloci.

Il funambolo dell’Isola di Man, anello di congiunzione pista-strada, ha scritto la storia dello sprint mondiale, conquistando, oltre a 15 vittorie di tappa al Giro, 30 al Tour, la Milano-Sanremo 2009 e il Campionato del Mondo di Copenaghen 2011, anche 3 titoli Mondiali nell’Americana e l’argento Olimpico ai Giochi di Rio 2016 nell’Omnium. 

Negli anni successivi, l’eredità di Wiggins al Tour de France è stata raccolta da Chris Froome, vincitore nel 2013 e dal 2015 al 2017, Geraint Thomas, anch’egli Campione Olimpico su pista prima di intraprendere la carriera da stradista, primo nel 2018, e dal primo colombiano in giallo a Parigi, Egan Bernal nel 2019.

Assieme alle vittorie al Tour, sono arrivate anche le affermazioni di Froome alla Vuelta 2017 e al Giro 2018, dove l’ormai ex uomo del ciclocomputer si è scoperto sul Colle delle Finestre anche campione capace di imprese d’altri tempi. Sempre nel 2018, dopo l’impresa al Giro d’Italia di Froome, Thomas ha dominato il Tour de France e Simon Yates - con il gemello Adam altro prodotto della pista britannica - la Vuelta a España in maglia Mitchelton, segnando il punto più alto nella storia del ciclismo britannico.

IL GIRO DI TAO E IL NUOVO CORSO INEOS

Oggi, la stella di Chris Froome sembra meno splendente che in passato, ma il ciclismo britannico sta continuando a sfornare talenti a ciclo continuo. Come Tao Geoghegan Hart, capace di scalare le gerarchie al Giro 2020 dopo il ritiro di Thomas, ma alla fine vincitore con una condotta di gara da veterano.

Si susseguono gli interpreti ma lo squadrone di Brailsford non cambia volto. È la squadra che studia ogni aspetto, ogni componente che può fare la differenza all’interno della gara come mai nessuno aveva fatto in precedenza nella storia del ciclismo. Accusati di monotonia, hanno dimostrato al mondo di saper regalare spettacolo, ma sempre nel controllo della situazione e con un piano ben definito.

Ma c’è di più: in una recente intervista rilasciata al portale Cyclingnews, Brailsford è arrivato a parlare addirittura di una nuova filosofia di corsa, più aggressiva e improntata allo spettacolo, influenzata e supportata dal numero uno di INEOS, Jim Ratcliffe.

GUADAGNI MARGINALI AL POTERE: LE CIFRE NON MENTONO

Dopotutto, qualunque sia l’approccio alle competizioni, nello sport moderno non si inventa nulla. I guadagni marginali rappresentano la differenza fra una vittoria e un piazzamento. E proprio sulle cifre nude e crude si basa la continuità ad alti livelli di un movimento. Numeri che non mancano alla Federazione Ciclistica Britannica, passata in un ventennio da 14mila a oltre 100mila iscritti.

Oltre alla nuova maglia rosa Tao Geoghegan Hart, all’orizzonte si intravede il talentuoso Tom Pidcock, proveniente dal ciclocross ma mattatore al recente Giro d’Italia U23. Per non parlare di Hugh Carthy, già 26enne ma in rampa di lancio alla Vuelta a España 2020, o dei giovanissimi Ethan Hayter, Jake Stewart o Mark Donovan. Avanti il prossimo: si accettano scommesse.

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