Il momento degli Owned Media e degli User Generated Contents
Anche in periodo di pandemia, quando tutto sembrava essersi fermato, comunicare è rimasto indispensabile, sfruttando i canali per creare continue connessioni e attivando la community per generare dinamismo e contenuti altrimenti impossibili da produrre. Nel mondo post Covid, molto più aperto al digital, gestire in maniera poco efficace la propria presenza sul web può condizionare negativamente il brand
La fase acuta dell’emergenza potrà essersi conclusa, ma gli effetti della pandemia di COVID-19 nel nostro mondo si vedranno nel presente e soprattutto nel futuro prossimo. E anche il mondo dello sport non sarà esente da importanti evoluzioni.
In particolare, in Vitesse siamo attivi da quasi 30 anni nel mondo del ciclismo in veste di Ufficio Stampa, PR e Media Relations, organizzatori di eventi e digital strategist. Questa conoscenza profonda del settore di riferimento ci ha spinto a delle riflessioni su come il settore delle due ruote stia cambiando – visto dalle varie angolazioni – e abbiamo individuato 10 trend importanti che potrebbero consolidarsi nei prossimi mesi ed anni.
Eccoci ora arrivati al settimo episodio:
Il momento degli Owned Media e degli User Generated Contents
Altro importante insegnamento per le aziende durante questa pandemia: quando tutto si ferma, ti rimangono soltanto tre cose – il tuo brand, i tuoi canali proprietari e la tua community. E questo è stato particolarmente vero nel nostro settore di riferimento, con gli eventi congelati e addirittura l’impossibilità di pedalare in alcuni Paesi, Italia inclusa.
Chi aveva concentrato tutto il proprio peso di comunicazione sulle sponsorizzazioni o sull’advertising si è trovato improvvisamente allo scoperto – i tentativi degli organizzatori di eventi e delle formazioni di creare valore con modalità alternative ha avuto esiti maggiori o minori a seconda degli interpreti, ma è chiaro come per un brand che sponsorizza un team il Giro Virtual non possa sopperire all’assenza del Giro d’Italia. Al tempo stesso, i media di settore si sono trovati improvvisamente a corto di cronache sportive, e spesso anche di linfa vista la contrazione degli investimenti pubblicitari. Una dinamica che, purtroppo, è destinata a ridurne il numero nel breve/medio termine.
Eppure, anche in questo periodo, comunicare è rimasto indispensabile. Partendo dai valori, anche se talora in maniera un po’ stereotipata, sfruttando i propri canali per creare una connessione nel momento in cui la vicinanza era il bene più scarso, e attivando la propria community per generare dinamismo e contenuti viceversa impossibili da produrre. E c’è chi li ha valorizzati ad arte – come Dove, che non è nel settore ciclo ma è sempre un bel benchmark quando si parla di comunicazione ed ads. Se qualcuno non fosse stato ancora sufficientemente convinto del valore di questa triade, ecco un altro processo che Covid-19 potrebbe aver significativamente accelerato.
In un mondo molto più aperto al digital adesso rispetto a tre mesi fa, un sito web vecchio, non ottimizzato o semplicemente inefficace diventa un problema esponenzialmente più importante. Canali social gestiti con pressappochismo, senza strategia, con contenuti troppo poveri, senza moderazione, o semplicemente affidati a dilettanti, possono condizionare significativamente la considerazione di un brand. È il momento di investire sugli owned media, in professionalità e qualità dei contenuti, senza dimenticare la componente di advertising – tanto Social quanto SEM. Tutte componenti spesso, purtroppo, bypassate nella costruzione del marketing mix.
In aggiunta, e in correlazione a quanto sopra, nel momento in cui ci viene prescritto il distanziamento anche nel fare quello che ci appassiona, come andare in bicicletta, ecco che il valore di una community attiva e coesa acquista uno spazio d’influenza esponenzialmente più importante. Non sappiamo ancora quando e come sarà possibile tornare a vivere l’atmosfera di un evento di massa, di una granfondo, o pedalare a ruota di un gruppo di ciclisti incontrati per caso: anche per questo, i marchi adesso hanno bisogno di influencer. Non parliamo – o non necessariamente – delle star del web, ma di persone che aderiscono ai valori del brand e spontaneamente partecipano al suo flusso di comunicazione. Per questo, è oggi indispensabile che le aziende integrino nella loro strategia dei trigger per favorire questa dinamica: potersi sentire parte di qualcosa è più importante oggi rispetto a tre mesi fa.